Consigli per la gestione dell’epidemia COVID-19
e dei fattori di distress psichico associati per le persone con disabilità intellettiva e autismo con necessità elevata e molto elevata di supporto
La pandemia COVID-19
I Coronavirus sono una vasta famiglia di virus ad RNA a filamento positivo, noti per causare malattie che vanno dal comune raffreddore a malattie più gravi, quali la Sindrome Respiratoria
Mediorientale (MERS) e la Sindrome Respiratoria Acuta Grave (SARS). L’International Committee on Taxonomy of Viruses (ICTV), ente deputato alla classificazione dei virus, ha dato il nome di
SARS-CoV-2 (Sindrome Respiratoria Acuta Grave CoronaVirus 2) al virus che causa l’attuale epidemia, a causa della sua somiglianza con quello che ha provocato la SARS (SARS-CoVs).
La malattia provocata dal nuovo Coronavirus è stata chiamata “COVID-19”, dove “CO” sta per corona, “VI” per virus, “D” per disease (malattia) e “19” indica l’anno in cui si è manifestata.
Alcune persone si infettano ma non sviluppano alcun sintomo. Generalmente i sintomi sono lievi, soprattutto nei bambini e nei giovani adulti, e a inizio lento. Quelli più caratteristici sono febbre,
tosse secca e stanchezza. Circa 1 su 5 persone con COVID-19 si ammala gravemente e presenta difficoltà respiratorie.
Le persone più a rischio di presentare forme gravi di malattia sono le persone anziane e quelle con patologie sottostanti, quali ipertensione, problemi cardiaci o diabete e i pazienti immunodepressi
(per patologia congenita o acquisita o in trattamento con farmaci immunosoppressori).
Le persone con disabilità intellettiva e con autismo (PcDI/A) hanno una prevalenza di malattie e disturbi fisici circa 2,5 volte più alta di quella della popolazione generale. Queste patologie possono
includere anche quelle sopra descritte che rappresentano fattori di rischio per lo sviluppo di forme gravi di COVID-19.
La disabilità intellettiva e l’autismo di per sé non sembrano rappresentare fattori di rischio, sebbene non siano ancora disponibili dati epidemiologici specifici.
Alcune ricerche relative a infezioni virali respiratorie precedenti, tra cui H1N1 e RSV, indicano che le persone con sindrome di Down hanno maggiori probabilità della popolazione generale di
sviluppare complicanze e di aver bisogno di ospedalizzazione.
Il 9 marzo 2020 il Consiglio dei Ministri ha varato il DPCM “Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione
dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale”. Nel decreto si definisce che le misure introdotte nel DPCM dell’8 marzo sono estese all’intero territorio
nazionale. Viene vietata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico e vengono modificate le indicazioni per gli allenamenti, gli eventi e le competizioni
sportive. Si dispone inoltre che tutti i cittadini, anche quelli con DI/A, restino più possibile a casa e mantengano una distanza fisica fra loro di almeno un metro.
Nel caso in cui le PcDI/A pensassero di aver contratto la COVID-19 o lo pensassero, di loro, i loro familiari/caregiver è stato indicato di non andare direttamente al pronto soccorso, ma di contattare il proprio medico di medicina generale (medico di famiglia), un altro medico di fiducia o l’assistente sociale, in modo che possa fare da mediatore con i servizi sanitari d’emergenza ed esercitare un’azione protettiva durante il triage e l’eventuale percorso ospedaliero successivo.